“Non c’è più speranza”. Con queste parole quasi tutti i media italiani hanno lanciato la notizia, la più drammatica, su Daniele Nardi e Tom Ballard. Gli esperti in questi giorni avevano avvertito circa l’impossibilità di un epilogo positivo. E così è stato. Le condizioni climatiche lassù rendono impossibile la sopravvivenza, seppure qui si parli di alpinisti esperti, con una storia di scalate e conquiste di vette da primato.
Daniele Nardi e Tom Ballard sono morti sul Nanga Parbat. Era di qualche ora fa la notizia dell’avvistamento di due sagome. Immobili. E questo aveva fatto capire tutto. Purtroppo. E quelle due sagome blu e rossa (i colori delle loro giacche a vento) avvistate sullo Sperone Mummery a 5.900 metri si sono rivelate essere proprio quelle dei due alpinisti di cui non si avevano notizie dal 24 febbraio scorso. Le ricerche sono quindi terminate, ha comunicato “con grande dolore” l’ambasciatore italiano in Pakistan. (continua dopo la foto)
Le immagini di quelle due sagome – triste definire così due persone disperse – erano state ‘catturate’ dal potente telescopio di un altro grande dell’alpinismo, il basco Alex Txikon, messosi a disposizione con la sua spedizione per portare soccorso ai due alpinisti che avevano provato a salire sulla nona montagna più alta del mondo, in Pakistan. Tra gli alpinisti, come tra la gente di mare, la solidarietà è un principio di base. Un credo. E su quella montagna Nardi e Ballard rimarranno per sempre. Per i più romantici può essere un segnale, la fine di una vita proprio in un luogo che si ama. E che si rispetta, accettandone i rischi che comporta una impresa del genere. Il materiale (effetti personali, attrezzatura e computer portatili) recuperato dal campo base sarà restituito alle famiglie. (continua dopo la foto)
Lunedì scorso, non senza problemi causati dal maltempo, le squadre di soccorso erano riuscite a effettuare una ricognizione in elicottero, martedì il team di Alex Txikon era entrato in azione a piedi e con l’utilizzo dei droni si è spinto fino a 6.500 metri. Un elicottero aveva individuato una tenda del campo 3 invasa dalla neve e nell’area si sono scorte tracce di valanga sul pendio che indica la pericolosità della zona. Daniele Nardi e Tom Ballard erano partiti lo scorso dicembre con la volontà di entrare nella storia dell’alpinismo: la scalata del Nanga Parbat in inverno. (continua dopo la foto)
La famiglia di Daniele Nardi ha scritto su Facebook: “Siamo affranti dal dolore. Una parte di Daniele e Tom rimarrà per sempre al Nanga Parbat. Il dolore è forte, davanti a fatti oggettivi e, dopo aver fatto tutto il possibile per le ricerche, dobbiamo accettare l’accaduto. Fin dall’inizio abbiamo accettato, rispettato e condiviso il suo ideale”. Daniele Nardi, 42 anni, nato a Sezze (in provincia di Latina), aveva già scalato Everest e K2. Sul suo sito, in preparazione dell’ultima spedizione, aveva scritto: “Cosa spinge un individuo a patire freddo, disagi, intemperie, fatiche inumane? Tre anni dedicati a un progetto visionario: le invernali al Nanga Parbat. Una sfida al limite del possibile, che porterà la spedizione a dover scegliere tra la vetta e la vita in un susseguirsi di colpi di scena e in uno scenario montano tra i più belli del mondo”. (continua dopo la foto)
Aveva scritto, poi, immaginado che il figlio avrebbe potuto leggere questo messaggio: “Mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo che ha provato a fare una cosa incredibile, impossibile, che non si è arreso e se non dovessi tornare il messaggio che arriva a mio figlio sia questo: non fermarti non arrenderti, datti da fare perché il mondo ha bisogno di persone migliori che facciano sì che la pace sia una realtà e non soltanto un’idea… Vale la pena farlo”. Tom Ballard, invece, aveva 31 anni: era figlio della scalatrice Alison Jane Hargreaves, che si arrampicò su montagne quando era incinta di Tom e morì nel 1995 per una tempesta che sorprese sette alpinisti in discesa dal K2. Nato in Inghilterra a Peak Discrict, Tom era cresciuto nelle Highlands scozzesi coltivando i più ambiziosi sogni da climber. Anche in nome della madre.
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